È di nuovo quel periodo dell'anno: quello dei buoni propositi. Forse metterti a dieta o andare in palestra. Leggere più libri o persino scriverne uno tuo. Imparare una nuova lingua, o una volta e per tutti migliorare l’inglese. E così via.
Bene, bene. Questo sarà l’anno in cui tutto cambia, o almeno così ci diciamo. Iniziamo nei primi di gennaio con motivazione, ancora sulle nuvole dopo il periodo di feste. Ma quando arriva metà mese, già perdiamo un po’ di quella grinta che ci ha guidato nei primi giorni, e quella promessa che abbiamo fatto a noi stessi sembra fuori portata.
Come mai non riusciamo a portare a termini questi buoni propositi?
Ci sono molteplici ragioni per cui i nostri buoni propositi falliscono. Ordinare cibo da asporto è più facile che cucinare un pasto sano dopo una lunga ed estenuante giornata di lavoro. Fa troppo freddo stamattina per svegliarsi presto e andare in palestra ad allenarsi: non sarebbe più semplice dormire un'altra ora, solo per stamattina? E quel libro che abbiamo promesso di leggere, quello che è sul nostro comodino da mesi... beh, non sarebbe più facile e rilassante scorrere Instagram e perdere tempo sui nostri smartphones? Per non parlare del libro che scriveremo: iniziamo il mese prossimo. Anche quella nuova lingua: questo mese ho troppo da fare, iniziamo a febbraio. Eccetera, eccetera, eccetera.
Ma ogni buono proposito è destinato a fallire? Magari non tutti, ma la ricerca suggerisce che entro febbraio di ogni anno, oltre l’80% dei buoni proposito verrà abbandonato.[1] Inoltre, solo il 9% riesce a mantenere e portare a termine i propositi per il nuovo anno.
Dov’è la mia grinta?
Un motivo, come abbiamo visto sopra, è la scarsa motivazione. Ci vuole grinta e tenacia per fare cambiamenti per migliorare noi stessi e le nostre vite, e a volte è più facile dedicare le nostre energie alla sopravvivenza, alla quotidianità, anziché alla trasformazione delle nostre abitudini.
Chi decide, io o qualcuno altro?
La fonte della promessa è fondamentale. Se decido di perdere peso, ad esempio, perché il mio partner me l'ha suggerito, o perché la società dice che sono in sovrappeso, allora la mia motivazione è estrinseca, non intrinseca, è quindi molto meno probabile che persista a lungo termine. Per continuare con questo esempio, per perdere peso, ho bisogno di sentire dentro di me una necessità urgente di cambiare ciò che vedo allo specchio: abbastanza da motivarmi ad alzarmi presto e correre al freddo quando il mio letto caldo e accogliente sta sussurrando il mio nome; abbastanza forte che io dia un'occhiata a quella pizza calda, fragrante e buona e dire, no, prendo invece l'insalata.
All or nothing
Inoltre c’è il pericolo di adottare una mentalità “tutto o niente”. O riusciamo a raggiungere quell'obiettivo con grande successo, o l’intera impresa diventa un fallimento completo. Il problema con gli obiettivi tutto o niente è che non consentono il minimo errore. Una volta che mangiamo quella pizza, nonostante la dieta, è facile scoraggiarsi e arrendersi del tutto. Questo è un grande motivo per cui così tante persone abbandonano i loro propositi entro febbraio, secondo gli studi e i sondaggi.
Allo stesso tempo, il mindset tutto o niente può essere frutto di auto-sabotaggio. Senza neanche rendercene conto, magari crediamo in fondo di non meritare il successo o di non essere in grado di realizzarlo. Ciò significa che combattiamo costantemente con noi stessi mentre inconsciamente ci impegniamo in comportamenti che rendono attivamente più difficile il raggiungimento dei nostri obiettivi. Tali comportamenti possono essere procrastinare (oggi dormo tardi, vado in palestra domani) o anche un dialogo interiore negativo (vabbè, sarò grassa per sempre, non merito di essere in forma). In ogni caso il risultato è lo stesso: un obiettivo non raggiunto.
Dall’altra parte, magari c’è gente più ottimista, con gli stessi propositi e ispirazioni. Ma senza un piano di azione concreto, saranno anche loro destinati a fallire.
Prima di entrare in un ciclo vizioso di cinicismo, forse è il momento di adottare una strategia più “SMART”.
Diventiamo SMART
Nel business, è dal 1981 che si parla degli obiettivi “SMART”, un termine coniato dalla rivista Management Review[2] e riferibile appunto al mondo di business. Lo stesso concetto è però anche applicabile, come vediamo sotto, nella vita quotidiana e privata. Gli obiettivi SMART sono:
- Specific, ovvero specifici. Non “mi devo mettere in forma” ma devo perdere 10 kilogrammi.
- Measurable, misurabili. Dobbiamo poter misurare e monitorare i progressi, in questo esempio è possibile grazie alla bilancia.
- Achieveable, raggiungibili. Se decidiamo di perdere quei 10 kili entro il matrimonio fra 2 settimane, sarà quasi impossibile e anche pericoloso. Meglio essere ragionevoli con obiettivi magari meno elevati ma più realistici.
- Relevant, ovvero rilevanti. Questo si tratta sempre della motivazione intrinseca, ma qua bisogna specificare che una motivazione negativa come “odio il mio corpo, nessuno mi amerà mai se non sono in forma” avrà meno impatto rispetta ad una come “mi sono lasciata andare per troppo tempo, voglio mettermi in forma per vivere più lungo e godermi i figli e nipoti”.
- Time-bound, definiti nel tempo. Devo perdere 10 kg entro 6 mesi, e mi peserò una volta ogni settimana per misurare i progressi.
Bene, quindi applichiamo questi criteri ai nostri obiettivi e magari abbiamo qualche speranza di realizzarli.
Anche perché una volta stabilito il proposito giusto, bisogna creare un piano di azione concreto per poterlo raggiungere, come vediamo sotto.
E in inglese?
In inglese, non usiamo il termine “buoni propositi” ma New Year’s resolutions.
Se il tuo proposito per il nuovo anno è di fare progressi nel tuo inglese, come lo raggiungerai? Un buon inizio è adottare una prospettiva SMART. "Migliorare il mio inglese" è troppo vago, quindi scomponiamolo.
Immaginiamo che tu abbia studiato inglese a scuola ma non ricordi molto, solo una manciata di forme verbali irregolari e “The cat is on the table”. E anche se te la cavi con la lettura, non riesci a parlare come vorresti. Per trasformare il tuo desiderio di migliorare in un obiettivo SMART, dobbiamo approfondire la tua motivazione.
Quindi perché migliorare il tuo inglese? Per poter viaggiare nei paesi anglofoni senza tacere ogni volta che qualcuno si rivolge a te in inglese? Per poter guardare film e programmi TV in lingua originale e poterne finalmente apprezzare e capire le battute, invece di limitarti a sorridere e annuire quando tutti gli altri ridono, sperando segretamente che nessuno ti chieda di spiegare la battuta? È per avere più opportunità di carriera e sapere che sei preparato quando ti chiamano per quella posizione per un colloquio in inglese e non farai una brutta impressione balbettando e andando nel panico totale alla primissima domanda in inglese? Oppure, se hai già un lavoro, vuoi migliorare il tuo inglese in modo da poter condurre riunioni con sicurezza, sapendo che le altre persone presenti ti capiscono e puoi concentrarti sul contenuto delle tue conversazioni e non solo sulla lingua?
Supponiamo l'ultimo scenario: vuoi migliorare il tuo inglese di cui hai bisogno nel tuo attuale lavoro. E ora rendiamo questo obiettivo SMART:
- Specifico: non solo migliorare l’inglese, ma di avere gli strumenti di parlare con colleghi e clienti di argomenti legati al lavoro e non solo.
- Misurabile: in questo caso, è meno rilevante una misura tipica di livello, tipo di andare dal B1 al B2 in inglese, e più utile pensare a cosa vuoi poter fare con l’inglese, per esempio, poter svolgere una telefonata in lingua senza dover rincorrere ad un dizionario durante.
- Raggiungibile: se hai già una base, di sicuro è fattibile fare velocemente dei progressi. Mentre invece andare dal livello principiante assoluto ad esperto in poco tempo è più un'idiozia di marketing che altro!
- Rilevante: in questo caso la rilevanza dell’obiettivo è palese: ti permetterebbe di svolgere il tuo lavoro in modo più efficace, con più confidenza, e in generale in modo migliore.
- Tempo: datti una scadenza. Entro quando devi poter svolgere una telefonata per lavoro in lingua inglese? Magari c’è un grande progetto con un cliente estero che parte a luglio e vuoi essere in grado di gestire call e riunioni per quel momento.
Una volta che trasformi il buon proposito in un obiettivo SMART, il prossimo passo è creare un piano di azione. Come farai a raggiungerlo effettivamente?
Un passo alla volta
Come tutti gli obiettivi, iniziamo con piccoli passi. Ricordo la citazione famosa di Desmond Tutu, there is only one way to eat an elephant: a bite at a time, ovvero "c'è solo un modo per mangiare un elefante: un boccone alla volta."
Il piano di azione dovrebbe essere composto da più elementi, sparse nel tempo. Per esempio:
- Scaricare un’app e dedicarci 10 minuti ogni giorno;
- Se guardi film o serie TV anglofoni su Netflix o Prime, fallo in lingua originale e con sottotitoli in inglese;
- Leggere un articolo al giorno in inglese.
C’è però un elemento critico che manca: l’elemento umano.
Facciamo l’ipotesi che un giorno non te la senti di andare sull’app. TI senti un po’ in colpa ma dai, ognuno merita una pausa. Poi il giorno successivo, magari non te la senti neanche, qual è il problema con una piccola pausa? E così via.
Come evitare quindi di abbandonare il tuo buon proposito?
La soluzione è semplice: dovresti coinvolgere più persone.
Se, per esempio, investi in un corso di inglese con un insegnante vero e proprio, non è più solo un tuo impegno. C’è anche il docente coinvolto, la scuola, eventuali compagni di classe.
Solo per dire che gli obiettivi SMART sono super, ma senza un piano per realizzarli, sono solo buoni propositi e difficilmente raggiungibili.
E se per caso il tuo new year’s resolution è di migliorare il tuo inglese, una volta e per sempre, contatta Intuition, così ti aiutiamo a rendere il tuo obiettivo smart, disegnare insieme a te il piano di azione, e soprattutto, offrire quell'aspetto umano preziosissimo.
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Good luck!
[2] Doran, G.T. (1981) There’s a SMART Way to Write Management’s Goals and Objectives. Journal of Management Review, 70, 35-36.