L'inglese ai tempi di Covid


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Immagina di parlare con una persona in inglese che come te sta vivendo questo momento così particolare. Come puoi creare o solidificare una relazione empatica in modo da creare un rapporto di natura commerciale?

 

Come stai?

Entriamo nel concreto: il primo istinto è quello di voler chiedere alle persone come stiano. Ma non va bene il solito “What’s up?” o “How are you?”: sono domande fredde, impersonali, che richiedono una risposta automatica. Molto meglio chiedere How are you holding up?” in quanto è già sottesa la premessa che siamo tutti in difficoltà, ad apre alla possibilità di rispondere sinceramente.

Perché come sempre, ed ora più che mai, la risposta sincera e “sentita” può fare per te la differenza.

Oltre alle competenze linguistiche, bisogna possedere una certa sensibilità emotiva per poter utilizzare le parole ed i toni giusti. L’insieme della competenza grammaticale, quella sociolinguistica, e quella emotiva hanno la stessa importanza nell’ottica di una comunicazione chiara ed efficace in inglese.

 

 

Frasi fatte? No, grazie.

Il termine “canned phrase” riferisce ad un insieme di parole che funziona come frase fissa, già pre-impostata. Non è sempre un cliché, e non è necessariamente idiomatica, ma spesso rendono la scrittura ed il parlato più facile, nel senso che non devi comporre ma solamente selezionare dal tuo repertorio mentale la frasetta giusta per una determinata circostanza.

Le frasi fatte hanno il loro valore: rendono le mail facili da capire, i contratti conformanti, e servono pure a impostare qualsiasi interazione linguistica su di un terreno comune. Parola chiave: comune

Ma, essendo quello che stiamo vivendo un momento completamente fuori dal comune, le frasi fatte rischiano di essere controproducenti, anche la comunicazione in inglese deve quindi essere riadattata in questo senso. Molto meglio la sincerità e la comunicazione “di pancia”.

Ecco un esempio: siamo abituati a chiudere le mail con “Thank you for understanding” – soprattutto quei messaggi che hanno un contenuto non proprio piacevole per il destinatario (es. contratti saltati, eventi cancellati, ecc.). Ma utilizzare questa frase fatta presume che il destinatario comprenda quanto detto prima, e non è il caso adesso di evocare un senso di presunzione.

Molto meglio chiudere con “Thank you for all that you do”, il quale dimostra un sincero apprezzamento dell’umanità del nostro interlocutore.

 

Il fattore culturale

Ora più che mai, la competenza interculturale può aiutarti a solidificare i rapporti commerciali.

Immagina di chiedere in inglese circa la salute della persona con cui ti stai interfacciando (“How’s your health? And your family?”). Se l’interlocutore vive in Europa, probabilmente ha accesso ai servizi sanitari pubblici. Contrariamente a quanto può avvenire ad esempio negli Stati Uniti, una cultura costruita sull’individualismo e lo spirito capitalistico, dove non esiste un sistema sanitario nazionale pubblico. Addirittura, tanta gente lì rischia di non potersi permettere né tamponi né trattamenti per Covid senza un’adeguata assicurazione sanitaria privata – questo, per loro, è un argomento delicato e molto sentito in un momento come questo.

Anche con le buone intenzioni, ma senza la consapevolezza culturale, rischiamo di urtare la sensibilità del nostro interlocutore e perdere quindi la nostra opportunità.

 

Ed ora?

In passato, la formazione linguistica si occupava principalmente di comunicazioni transazionali, il cui obiettivo si focalizzava sulla trasmissione di informazioni, di contenuti.

Nelle ultime settimane, invece, aspetti delicati come l’empatia e le emozioni hanno acquisito molta rilevanza. Se non comunichi con il “feeling” giusto in inglese, il rischio di compromettere i rapporti è davvero alto.  

 

Se sei un’azienda italiana, manda una mail a hillary@intuition.it, saremo lieti di confrontarci senza impegno su come adottare queste nuove “best practice” nella tua realtà.

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